Dalla macchina da scrivere a quella da corsa
Enzo Ferrari l’uomo che ha inseguito il proprio sogno trasformandolo poi in realtà e quindi in mito e leggenda internazionali oltre a quella dell’automobilismo e del mondo dei motori in generale aveva altre passioni, alcune delle quali addirittura insospettabili. Per prima cosa tra i suoi maggiori desideri c’era quello di diventare tenore di operetta, ispirato dai grammofoni e dalle prime radio che trasmettevano musica da camera lungo le vie e per le piazze di Maranello e dintorni, il buon Enzo, spesso veniva ispirato da cosi tanta magia ed atmosfera. La sua carriera da aspirante cantante però non cominciò mai, entusiasmo tanto ma voce poca e quindi… meglio la musica del rombo di un motore! Altra passione forte è sempre stata quella del giornalista sportivo, corrispondente per partite di calcio ed ovviamente corse automobilistiche dell’epoca. Ma anche in questa occasione il non proprio felice e solido rapporto con la stampa fece declinare l’ambizione. La carta stampata soprattutto quella quotidiana non era proprio per lui. Non mollò il progetto come carisma e carattere tipico degli emiliani di quella terra, e così davanti ad una macchina da scrivere ci tornò a distanza di tempo, come un andirivieni quasi mistico, quasi magico, da una monoposto ad una tastiera con rullo da battere per riempire, con le proprie emozioni, un foglio bianco. E quel foglio bianco, pagina dopo pagina, con gli anni si trasformò in un libro, che segnò l’inizio dell’attività di scrittore di Enzo Ferrari, ideatore e visionario del Cavallino Rampante, che ovviamente, impossibile da immaginare il contrario, fu il protagonista indiscusso dei suoi scritti.
La storia di quell’officina e poi di quei primi modelli di auto da corsa, di quel colore che ha acceso ed infiammato i cuori degli italiani, di quel rosso che è stato spesso simbolo di orgoglio e di unità. “Le mie gioie terribili” è un manoscritto del 1962, che lo stesso autore definì così: “È stata una fatica! Voi non potete nemmeno lontanamente pensare quanto mi è costato questo libro in termini di sacrificio.
Io non ho studiato e scrivere è stata un’impresa! Rivedere le bozze, correggere le prime stampe… è più facile per me costruire motori, conosciuti ed apprezzati in tutto il mondo, che scrivere un libro!”. L’opera è una sorta di intervista di un anonimo interlocutore, che permette ad Enzo di parlare di suo figlio Dino e del rapporto con la propria Scuderia. Il libro fu ristampato in più edizioni, anche in versione aggiornata con il passare degli anni, e tradotto in molte lingue.
Nel 1970 è la volta de “Le briglie del successo”, volume ricco soprattutto di immagini, talvolta inedite che ripercorrono a “scatti” e flashback tutta la vita di Ferrari. Ma il successo letterario più grande del mito emiliano è sicuramente il cosiddetto “Libro Rosso”, vera e propria opera massima della penna di Enzo.
“Il flobert”, ed il titolo è già tutto un programma, che è il nome di un tipico fucile a piumini è una galleria pungente, critica, cinica ed originalissima di ben 52 profili di giornalisti, catalogati in rigoroso ordine alfabetico e che hanno incrociato la strada di Maranello e della Ferrari più e più volte.
Negli anni 80 con stile rinnovato ed impostazione più moderna e fluida dopo “Ferrari 80” ristampa e raccolta di vecchi scritti ecco “Piloti che gente…”, una raccolta dedicata esclusivamente alla categoria, con un’analisi dettagliata ed approfondita degli uomini, più che degli sportivi, che seppero conquistare anima e cuore dello stesso Enzo e trionfare al volante della rossa fiammante di Maranello.
Lucio Celia
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