C’era una volta un meccanico emiliano della Scuderia Ferrari.
Erano gli anni ’70, erano tempi di armonia, tempi goderecci e di condivisione.
Le relazioni umane rappresentavano il cuore di quella terra. E così succedeva anche nelle scuderie della Formula 1: tra piloti e meccanici a regnare era la convivialità, tra piloti avversari la rivalità e la competizione erano prerogativa delle piste. Fotografi e giornalisti bazzicavano nei box, liberi e gioviali
Quel meccanico, come molti dei suoi colleghi, dopo ogni gara, veniva aiutato dal pilota a riparare le monoposto, e insieme si ingegnavano su come migliorare le prestazioni.
A coronare questo clima di fiducia e cordialità reciproca era il buon cibo italiano che serviva da collante per tutto il gruppo. E in effetti si pranzava spesso tutti insieme,meccanici e piloti. “Oggi abbiamo le lasagne”, “Per me tagliatelle” “Per me tortellini” “Il clima era questo e tutto veniva accompagnato da un buon bicchiere di Lambrusco”. Queste le frasi che ogni giorno riempivano di buon umore l’ambiente delle piste.
Negli autodromi in giro per il mondo, ogni volta che qualche pilota avversario si avvicinava ai box della Ferrari ne usciva ebbro di odori, di sapori e anche di un bicchierino di lambrusco che gli veniva offerto con tutto il cuore.
Ad occuparsi con dedizione della cucina era proprio quel meccanico, che amava deliziare gli altri, con le specialità emiliane che per lui significavano amore, tradizione,amicizia e italianità
I pranzi erano abbondanti e il sonnellino pomeridiano a volta era possibile, ma al buon cibo non si rinuncia e quindi al nostro meccanico venne un’idea: “Offro un po’ del mio liquore alle erbe, la ricetta è emiliana ed antichissima, lo produco a casa, non potrà che piacere agli altri”. Gli si illuminò il volto, non riuscì a trattenere un sorriso affabile.
E l’indomani, subito dopo il Gran Premio aprì una bottiglia del suo amaro facendolo assaggiare ai pochi fortunati presenti e le espressioni di tutti cambiarono al primo sorso, si guardavano tra di loro compiaciuti gustandosi ogni nota.
Per dieci lunghi anni la tradizione del liquore crebbe sempre di più, c’era gente che passava appositamente da quei box pur di sorseggiare quell’amaro che tutti aveva colpito, che tutti aveva unito.
Sul finire degli anni 80 il meccanico si ritirò,andò in pensione, ma non il suo liquore,aveva infatti più tempo e poteva produrne di più. Da allora 50 bottiglie più una ogni anno. Non di più, non di meno. Si sa, al nostro meccanico sono i valori che lo ispirano, non il denaro. D’altronde anche Enzo Ferrari diceva di produrre sempre un esemplare in meno di vettura rispetto a quella che il mercato richiedeva. Darsi ma senza darsi a tutti, darsi con un senso, questa la filosofia del meccanico.
Nessun negozio, nessuna bottega gastronomica, nessun sito specializzato, l’unico modo per ricevere il liquore è esserne omaggiati dal meccanico stesso. Infatti è lui che ogni anno decide a chi tra ex piloti, fotografi, giornalisti e appassionati di corse, inviare la sua bottiglia che dentro oltre al liquore, ha la storia, le radici, il cuore, dell’Emilia e della Formula 1, dello stare insieme e del volersi bene nel nome di Enzo Ferrari.
Quella bottiglia in più è quella che il meccanico da anni tiene per se, per la sua collezione privata che solo pochi fortunati hanno visto e ammirato di persona. Nel 2012 una bottiglia prodotta negli anni 90,ancora sigillata ed in perfetto stato di conservazione in un’asta è stata battuta per circa 600 sterline.
L’artigiano del liquore però non ha ceduto ai richiami del mercato, secondo lui le bottiglie devono arrivare nelle mani, nel naso e nella bocca, di chi sa comprenderlo, di chi conosce cosa c’è dietro e di chi ama il Cavallino Rampante.
Ecco perché chi lo riceve non ne viene nemmeno avvisato prima, si trova davanti a quel dono come il meccanico si trova davanti alla soddisfazione di chi beve. Lo scambio è quello delle sensazioni, il resto al nostro meccanico non interessa.
Lucio Celia
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