Il 14 luglio 1951 Josè Froilan Gonzalez portò per la prima volta alla vittoria una Ferrari, battendo Ascari e Villoresi, ma soprattutto l’Alfa Romeo, di cui Enzo Ferrari era stato Direttore Sportivo. Fu allora che il Drake disse: “Oggi ho ucciso mia madre“. Una volta pestati i piedi alla madre, cominciò il continuo e rispettoso litigio con la sorella, anche lei rossa, anche lei italiana e di Modena: la Maserati. Solo sei anni più tardi, al Gran Premio di Argentina, il 13 gennaio 1957, delle quattordici vetture schierate alla griglia di partenza sette sono Ferrari, e sette Maserati.
E’ proprio la gloria ed il mito di una rivalità storica e cittadina delle due scuderie che hanno intessuto l’arazzo leggendario del mondo delle corse italiano e mondiale, che il Mef (Museo Casa Natale Enzo Ferrari) ha voluto celebrare con la mostra “Le grandi sfide Ferrari – Maserati”, conclusa il 3 maggio 2013. Due storie intrecciate e diciannove vetture monoposto a raccontarle. Il sogno di Maserati muove dalla città di Bologna, e non Modena, nel 1924, grazie alla passione di Alfieri Maserati, pilota appena squalificato per cinque anni per aver montato un motore differente da quello dichiarato al momento dell’iscrizione. Con lui i fratelli Ettore ed Ernesto, ed un simbolo, il tridente, probabilmente ispirato alla fontana di Nettuno di Bologna, dipinto da Mario Maserati, pittore per l’appunto. Passano tredici anni, la famiglia Orsi acquista la scuderia e la porta a Modena, quasi a sfidare la Ferrari, ponendo una distanza di appena un soffio di qualche chilometro tra le due scuderie. Ferrari era in centro, e Maserati poco distante, in viale Menotti, o “là in fondo” come diceva Enzo Ferrari.
La rivalità tra le due scuderie mette radici quando ad affrontarsi erano le Maserati contro le Alfa Romeo della scuderia Ferrari, ma si evolve nel mito quando nel 1947 Enzo Ferrari decise di diventare costruttore, realizzando il sogno di una vita. Fino al 1957 non si può parlare di altro, chi voglia approcciarsi alla storia delle monoposto, delle corse, della pista, deve assolutamente parlare di Ferrari e Maserati. Sul podio se non saliva l’una c’era l’altra. I piloti stessi alimentavano la rivalità, scegliendo di anno in anno la vettura che credevano migliore, e cedendo talvolta anche allo scherzo, come quando Tazio Nuvolari, nel 1934, al volante di una Maserati si bevve tutta la squadra Ferrari, ed il giorno dopo fece arrivare alla scuderia rivale alcune balle di paglia per gli asini dei loro motori.
Le diciannove vetture in mostra parlano di un valore complessivo di ben 70 milioni di euro, ed oltre il valore economico, di un sogno tutto modenese. Nelle parole di Mauro Todeschini, presidente della fondazione Casa natale Enzo Ferrari: “Sono le macchine di un periodo in cui le due case automobilistiche modenesi vincevano sui circuiti di tutto il mondo creando una rivalità che sarebbe andata avanti fino agli anni sessanta. Qui ci sono le macchine che raccontano queste storie, macchine che oltre ad essere piene di gloria sono molto belle e che non sono mai state mostrate tutte assieme. Un pezzo di storia dell’automobilismo mondiale che viene raccontato attraverso diciannove macchine (…)” Nessuna migliore sede del “cofano giallo” del Mef, prestigioso, dinamico ed innovativo, per celebrare e presentare una storia fatta di velocità, spiegando con schermi interattivi touch screen tutto il percorso narrativo, dialogando con prontezza con i visitatori, al fine di dare qualsiasi delucidazione, qualsiasi risposta ad ogni curiosità. I visitatori incrociano subito lo sguardo con quella che è stata titolata dagli appassionati inglesi, lettori di Octane, la migliore auto da corsa di sempre, la Maserati 250F, che debuttò al Gran premio di Argentina del 1954, con Manuel Fangio alla guida. La Maserati 250F rappresenta quattro anni di gloria ed imprese rocambolesche, e, stando alle parole del mitico Stirling Moss, la perfetta simbiosi tra uomo e macchina: “mettere a punto la Maserati 250 F era come avere un partner che ti insegnava”.
La 250 F detiene anche un record tutto rosa: è stata la prima vettura di formula uno guidata da una donna: Maria Teresa De Filippis. Maria Teresa De Filippis con la Maserati A6GCS/53, una delle vetture più vincenti che siano mai state costruite, arrivò addirittura seconda nel campionato italiano. La A6GCS/53, fa bella mostra di sè come un testamento: si tratta dell’ultima vettura prodotta dai fratelli Maserati (Ernesto, Ettore e Bindo), prima di uscire dall’azienda. Oltre ai simboli, alla vettura più amata, all’ultima costruita dai fondatori del tridente, il mito ci consegna alla memoria degli occhi anche innovazioni come il bellissimo telaio tubolare della Maserati Eldorado, la prima vettura europea ad ospitare una sponsorizzazione esterna al campo automobilistico, e progettata per la 500 miglia di Monza del 1958. Una vettura velocissima per i tempi, in grado già di raggiungere la mirabolante velocità massima di 350 Km/h. Parlando di velocità media, e non massima, fa bella mostra di sè la Ferrari 340 MM, che in ben pochi hanno saputo domare e guidare, vista la sua potenza: in gara riuscì a raggiungere una media-record di 142 km/h. E tuttavia le macchine sarebbero ben poca cosa se parlassero ‘solo’ di continua sfida dell’uomo alla velocità, se ci parlassero ‘solo’ di cavalli e motori, nelle scuderie si fondono assieme ai pezzi metallici, sentimenti, amicizie, studi, confronti, passione. La Ferrari 500 mondial ci porta al cospetto di un altro Ferrari, Dino, il figlio di Enzo morto a soli ventiquattro anni, affetto da distrofia muscolare. Dino progettò il motore V6 che tracciò la direzione di sviluppo per la Ferrari 500 mondial, denominazione dovuta alla doppia vittoria (1952 e 1953)di Alberto Ascari nel campionato mondiale di Formula uno. Con le macchine delle scuderie Ferrari e Maserati prendono corpo i sogni, talvolta sinuosi e morbidi come la carrozzeria della Ferrari 330 P, talvolta eleganti e quasi inavvicinabili dai comuni mortali, come la Ferrari 400 Superamerica, che ci parla un linguaggio molto simile a quello di una Bentley. Ammirarla al Mef è una occasione quasi esclusiva, basti pensare che nel 1962 costava ben undici milioni di lire, prezzo molto vicino al massimo del mercato. Costruita ed ideata per l’avvocato da un altro nome storico, Pininfarina,, Gianni Agnelli, è una vettura che ha avuto un inconsueto destino, di vivere esclusivamente, con tutti i suoi esemplari tranne il primo, negli Usa. La stessa terra che arrise con i primi successi, dopo un inizio molto difficile, alla Maserati Tipo 63, la prima vettura a montare un motore centrale, anche lei in mostra al Mef. La sfida, l’amicizia e la rivalità modenese di Maserati e Ferrari, come spesso succede in questi dualismi, attraversa anche altri campi oltre a quello delle monoposto, andando ad esempio a cercare la competizione sull’acqua. Accanto alle auto al Mef abbiamo potuto vedere e contemplare due ospiti d’onore che incarnano le tipiche imbarcazioni da competizione degli anni ’50 e ’60: il racer Ferrari-San marco, equivalente di una monoposto di formula uno sull’acqua, ed il runabout biposto Maserati, equivalente ad una Granturismo. Il motoscafo racer Ferrari, equipaggiato con il motore Ferrari 375 MM, fu costruito nel 1957 su ordine del Conte Guido Monzino, in occasione della competizione motonautica Pavia-Venezia, la Mille Miglia delle imbarcazione che si svolgeva sul Po. . Il runabout Maserati-San Marco è l’emblema non solo delle vittorie conseguite nella categoria, ma dello sviluppo nel campo nautico di Maserati a partire dagli anni sessanta, dovuto alla stessa esperienza di inizio carriera nel settore marittimo di Giulio Alfieri, progettista di avanguardia. Non ci sono solo macchine, e nemmeno solo motoscafi in questa mostra, c’è una anomalia, una psicosi, come la definisce Enzo Ferrari stesso in una sua intervista, “del territorio modenese, che si è evoluta in abitudine che ha fatto razza, per la macchina da corsa. (…) L’operaio di questa terra, il lavoratore sia del braccio, sia dell’intelletto, è un lavoratore intelligente, attivo, e questa per di più è una terra di rivoltosi, di gente non sempre tranquilla. Sangue e cervello, insomma, sono qui bene uniti per fare tipi di uomini ostinati, capaci, ardimentosi: le qualità che ci vogliono per costruire macchine da corsa”. La mostra è stata realizzata con il sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Modena ed è stata curata da Giovanni Perfetti.
Lucio Celia
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